Tutto è creato per essere consumato sul momento, fagocitato, senza considerare il passato, dimenticando il futuro e in questo contesto gli artisti, figli di una visione capitalistica e terrorizzati di fuoriuscire dal clan invisibile della danza autoriale, sviluppano atteggiamenti e azioni autoreferenziali figli della paura ed una incontrollabile difficoltà nell’accettazione del diverso, che tentano di compensare con progetti a sfondo sociale che spesso raccontano più di se stessi che delle comunità cui si rivolgono.
“È da questo rapporto tra artista e produzione, riflesso del sistema capitalistico e consumistico in cui siamo immersi tutti, che sono partito cercando di dare fiato ed espandere la tensione del dubbio, della domanda, dell’interrogativo al resto del mondo.
Come vasi comunicanti, Danza Cannibale è figlia di Symposium ed espande il suo sistema di interazioni, tramite canti, nenie e La volontà è di portare in scena una trasfigurazione rituale che porti il pubblico a percepire e a riflettere sul cannibalismo sociale di cui siamo tutti vittime e carnefici. Se il desiderio spinge verso il cambiamento, il primo passo da compiere è quello di trasformare il cannibale interiorizzato attraverso un rito collettivo, una catarsi che crei un paesaggio evocativo ed espressivo. Il tentativo è quello di personificare la figura del cannibale per affrontarla con una stesura drammaturgica fatta di suoni, profumi e sensazioni, cullati da una nenia”.