La pretesa segreta dell’arte è creare dal nulla e il luogo in cui meglio è possibile dimostrare la propria capacità di suscitare nuove forme dal vuoto è il deserto che, nella sua condizione estrema di monotonia del tempo e dello spazio, offre le condizioni per opporre un altro modo e per dimostrare che è possibile produrre un altro mondo.
Il deserto racchiude tutte le fantasie, in un ambiente solo falsamente vuoto, popolato com’è di figure mentali di ogni specie, unica compagnia che, nella solitudine più totale, è possibile trovare in una condizione temporale massimamente elastica, tra momenti di attesa esasperante e momenti di repentina prontezza, dettati dalla musica, composta su commissione.
Se nelle danze precedenti di Claudia Castellucci la tensione mentale dei Danzatori era implicita nell’interpretazione di uno schema coreografico rigoroso, qui la danza è più spinta ad affermare se stessa come arte della flagranza, dove gran parte dell’impegno si esprime in decisioni immediate che ogni Danzante deve prendere, spogliato di qualsiasi modello.
Deserto, caverna, savana, sono parole iperboliche e simboliche, che più di tutte richiamano la condizione di questi Interpreti chiamati a restituire un nulla basilare, il basso-continuo della vita, la sua tenerezza quando la si veda scorrere da lontano.
Correnti magnetiche che inducono a sentire lo stesso impulso, che non fa somigliare né accomuna, ma che soltanto spiega l’amore più riposto.
danza della Compagnia Mòra, diretta da Claudia Castellucci
con Sissj Bassani Silvia Ciancimino, Guillermo de Cabanyes René Ramos, Francesca Siracusa, Pier Paolo Zimmermann
Coreografia Claudia Castellucci